
LETTERA AI CAPPELLANI MILITARI DI LORENZO MILANI
Ai Cappellani Militari Toscani
che hanno sottoscritto il comunicato dell’11 febbraio 1965
di Lorenzo Milani.
Da tempo
avrei voluto invitare uno di voi a parlare ai miei ragazzi della vostra vita.
Una vita che i ragazzi e io non capiamo.
Avremmo però voluto fare uno sforzo per capire e soprattutto
domandarvi come avete affrontato alcuni problemi pratici della vita militare.
Non ho fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola.
Io l’avrei voluto privato, ma ora che avete rotto il
silenzio voi(*), e su un giornale, non posso fare a meno di farvi quelle stesse
domande pubblicamente.
PRIMO perché avete insultato dei cittadini che
noi e molti altri ammiriamo. E nessuno, ch’io sappia, vi aveva chiamati in
causa. A meno di pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza
cristiana bruci dentro di voi una qualche vostra incertezza interiore.
SECONDO perché avete usato, con estrema
leggerezza e senza chiarirne la portata, vocaboli che sono più grandi di voi.
Nel rispondermi badate che l’opinione pubblica è oggi più
matura che in altri tempi e non si contenterà né d’un vostro silenzio, né d’una
risposta generica che sfugga alle singole domande. Paroloni sentimentali o
volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti. Se avete argomenti
sarò ben lieto di darvene atto e di ricredermi se nella fretta di scrivere mi
fossero sfuggite cose non giuste.
Non discuterò qui l’idea di Patria in sé. Non mi piacciono
queste divisioni.
Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e
stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso,io non ho Patria e reclamo il
diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati
e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.
E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare
che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a
vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e
debbono combattere i ricchi.E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di
voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare,
distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e
incruente: lo sciopero e il voto.
Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le
vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo o della
Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son
uomini che per le loro idee pagano di persona.
Certo ammetterete che la parola Patria è stata usata male molte volte. Spesso
essa non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la
storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben più alti di
lei.
Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo.
È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé
non accettò nemmeno la legittima difesa.
Mi riferirò piuttosto alla Costituzione.
Articolo 11 «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà
degli altri popoli…».
Articolo 52 «La difesa della Patria è sacro dovere del
cittadino».
Misuriamo con questo metro le guerre cui è stato chiamato il
popolo italiano in un secolo di storia.
Se vedremo che la storia del nostro esercito è tutta
intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci sein quei casi i
soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi
dovrete spiegarci chi difese più la Patria e l’onore della
Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra
Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete
nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L’obbedienza a
ogni costo? E se l’ordine era il bombardamento dei civili, un’azione di
rappresaglia su un villaggio inerme, l’esecuzione sommaria dei partigiani,
l’uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche,la tortura, l’esecuzione
d’ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti,le decimazioni (scegliere a
sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri
soldati della Patria), una guerra di evidente aggressione, l’ordine d’un
ufficiale ribelle al popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari?
Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di
ogni guerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete
taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verità in faccia
ai vostri «superiori» sfidando la prigione o la morte? se siete ancora vivi e
graduati è segno che non avete mai obiettato a nulla. Del resto ce ne avete
dato la prova mostrando nelvostro comunicato di non avere la più elementare
nozione del concetto di obiezione di coscienza.
Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete
essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto
la Patria, cioè noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se
manteniamo a caro prezzo (1000 miliardi l’anno)l’esercito, è solo perché
difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranità
popolare, la libertà,la giustizia. E allora (esperienza della storia alla mano)
urgeva più che educaste i nostri soldati all’obiezione che all’obbedienza.
L’obiezione in questi 100 anni di storia l’han conosciuta
troppo poco. L’obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l’han conosciuta
anche troppo.
Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando occorreva obiettare.
1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell’idea di Patria, tentò di
buttare a mare un pugno di briganti che assalivala sua Patria. Fra quei
briganti c’erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria. Per
l’appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche piazza
d’Italia un monumento come eroe della Patria.
A 100 anni di distanza la storia si ripete: l’Europa è alle
porte.
La Costituzione è pronta a riceverla: «L’Italia consente
alle limitazioni di sovranità necessarie…». I nostri figli rideranno del
vostro concetto di Patria, così come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I
nostri nipoti rideranno dell’Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani
militari le vedranno solo nei musei.
La guerra seguente 1866 fu un’altra aggressione. Anzi c’era
stato un accordo con il popolo più attaccabrighe e guerrafondaio del mondo per
aggredire l’Austria insieme.
Furono aggressioni certo le guerre (1867-1870) contro i Romani i quali non amavano molto la loro secolare Patria, tant’èvero che non la difesero. Ma non amavano molto neanche la loro nuova Patria che li stava aggredendo, tant’è vero che non insorsero per facilitarle la vittoria. Il Gregorovius spiega nel suo diario: «L’insurrezione annunciata per oggi, è stata rinviata a causa della pioggia».
Nel 1898 il Re «Buono» onorò della Gran Croce Militare il generale Bava Beccaris per i suoi meriti in una guerra che è bene ricordare. L’avversario era una folla di mendicanti che aspettavano la minestra davanti a un convento a Milano. Il Generale li prese a colpi di cannone e di mortaio solo perché i ricchi (allora come oggi) esigevano il privilegio di non pagare tasse. Volevano sostituire la tassa sulla polenta con qualcosa di peggio per i poveri e di meglio per loro. Ebbero quel che volevano. I morti furono 80, i feriti innumerevoli. Fra i soldati non ci fu né un ferito né un obiettore. Finito il servizio militare tornarono a casa a mangiar polenta. Poca perché era rincarata.
Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare«Savoia» anche quando li
portarono a aggredire due volte (1896e 1935) un popolo pacifico e lontano che
certo non minacciava i confini della nostra Patria. Era l’unico popolo nero che
non fosse ancora appestato dalla peste del colonialismo europeo.
Quando si battono bianchi e neri siete coi bianchi?Non vi
basta di imporci la Patria Italia? Volete imporci anche la Patria Razza Bianca?
Siete di quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti perché
quel giornale considera la vita d’un bianco più che quella di 100 neri. Avete
visto come ha messo in risalto l’uccisione di 60 bianchi nel Congo,
dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne
i mandanti qui in Europa?
Idem per la guerra di Libia.
Poi siamo al ’14. L’Italia aggredì l’Austria con cui questa volta era alleata.
Battisti era un Patriota o un disertore? È un piccolo
particolare che va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri
ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di
poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti?
Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450
su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non
chiamava forse a una «inutile strage»? (l’espressione non è d’un vile obiettore
di coscienza ma d’un Papa canonizzato).
Era nel ’22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l’esercito non la difese. Stette a aspettare gli ordini che non vennero. Se i suoi preti l’avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l’Obbedienza «cieca, pronta, assoluta» quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al mondo (50.000.000 di morti). Così la Patria andò in mano a un pugno di criminali che violò ogni legge umana e divina e riempiendosi la bocca della parola Patria,condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra «Patria»,quelli che di quella parola non avevano mai voluto approfondire il significato,quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla Patria (e, sia detto incidentalmente, disonorarono anche la Chiesa).
Nel ’36 50.000 soldati italiani si trovarono imbarcati verso una nuova infame
aggressione: Avevano avuto la cartolina di precetto per andar «volontari» a
aggredire l’infelice popolo spagnolo.
Erano corsi in aiuto d’un generale traditore della sua
Patria, ribelle al suo legittimo governo e al popolo suo sovrano. Coll’aiuto
italiano e al prezzo d’un milione e mezzo di morti riuscì a ottenere quello che
volevano i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello
sciopero, del sindacato, dei partiti, d’ogni libertà civile e religiosa.
Ancor oggi, in sfida al resto del mondo, quel generale
ribelle imprigiona, tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d’aver
difeso allora la Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l’obbedienza dei
«volontari» italiani tutto questo non sarebbe successo.
Se in quei tristi giorni non ci fossero stati degli italiani
anche dall’altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno spagnolo.
Per l’appunto questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro Patria.
Gente che aveva obiettato.
Avete detto ai vostri soldati cosa devono fare se gli capita
un generale tipo Franco? Gli avete detto che agli ufficiali disobbedienti al
popolo loro sovrano non si deve obbedire?
Poi dal ’39 in là fu una frana: i soldati italiani aggredirono una dopo l’altra
altre sei Patrie che non avevano certo attentato alla loro (Albania, Francia,
Grecia, Egitto, Jugoslavia,Russia).
Era una guerra che aveva per l’Italia due fronti. L’uno
contro il sistema democratico. L’altro contro il sistema socialista. Erano e
sono per ora i due sistemi politici più nobili che l’umanità si sia data.
L’uno rappresenta il più alto tentativo dell’umanità di
dare, anche su questa terra, libertà e dignità umana ai poveri.
L’altro il più alto tentativo dell’umanità di dare, anche su
questa terra, giustizia e eguaglianza ai poveri.
Non vi affannate a rispondere accusando l’uno o l’altro
sistema dei loro vistosi difetti e errori. Sappiamo che son cose umane. Dite
piuttosto cosa c’era di qua dal fronte. Senza dubbio il peggior sistema
politico che oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto escogitare. Negazione
d’ogni valore morale, di ogni libertà se non per i ricchi e per i malvagi.
Negazione d’ogni giustizia e d’ogni religione. Propaganda dell’odio e sterminio
d’innocenti. Fra gli altri lo sterminio degli ebrei(la Patria del Signore
dispersa nel mondo e sofferente).
Che c’entrava la Patria con tutto questo? e che significato possono più avere le Patrie in guerra da che l’ultima guerra è stata un confronto di ideologie e non di patrie?
Ma in questi cento anni di storia italiana c’è stata anche una guerra «giusta» (se guerra giusta esiste). L’unica che non fosse offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra:la guerra partigiana.
Da un lato c’erano dei civili, dall’altra dei militari. Da un lato soldati che
avevano obbedito, dall’altra soldati che avevano obiettato.
Quali dei due contendenti erano, secondo voi, i«ribelli»,
quali i «regolari»?
È una nozione che urge chiarire quando si parla di Patria.
Nel Congo p. es. quali sono i «ribelli»?
Poi per grazia di Dio la nostra Patria perse l’ingiusta guerra che aveva
scatenato. Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono a ricacciare i
nostri soldati.
Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici contadini o
operai trasformati in aggressori dall’obbedienza militare. Quell’obbedienza
militare che voi cappellani esaltate senza nemmeno un «distinguo»che vi
riallacci alla parola di San Pietro: «Si deve obbedire agli uomini o a Dio?». E
intanto ingiuriate alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere per fare
come ha fatto San Pietro.
In molti paesi civili (in questo più civili del nostro) la
legge li onora permettendo loro di servir la Patria in altra maniera. Chiedono
di sacrificarsi per la Patria più degli altri,non meno. Non è colpa loro se in
Italia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione.
Del resto anche in Italia c’è una legge che riconosce
un’obiezione di coscienza. È proprio quel Concordato che voi volevate
celebrare. Il suo terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di
coscienza dei Vescovi e dei Preti.
In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si è ancora
pronunziata né contro di loro né contro di voi. La sentenza umana che li ha
condannati dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, non che son
vili. Chi vi autorizza a rincarare la dose? E poi a chiamarli vili non vi viene
in mente che non s’è mai sentito dire che la viltà sia patrimonio di pochi,
l’eroismo patrimonio dei più?
Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei
profeti. Certo il luogo dei profeti è la prigione,ma non è bello star dalla
parte di chi ce li tiene.
Se ci dite che avete scelto la missione di cappellani per
assistere feriti e moribondi, possiamo rispettare la vostra idea. Perfino
Gandhi da giovane l’ha fatto. Più maturo condannò duramente questo suo errore
giovanile. Avete letto la sua vita?
Ma se ci dite che il rifiuto di difendere se stesso e i suoi
secondo l’esempio e il comandamento del Signore è «estraneo al comandamento
cristiano dell’amore» allora non sapete di che Spirito siete! che lingua
parlate? come potremo intendervi se usate le parole senza pesarle? se non
volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete!
Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi
auspicate: Auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni
divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e
di tutte le divise che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di
Giustizia, Libertà, Verità.
Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani
che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra
la verità e l’errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima.
Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che,
avvelenati senza loro colpa da una propaganda d’odio, si son sacrificati per il
solo malinteso ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile
ideale umano.















PROPOSTA DI AZIONE DI RESISTENZA NONVIOLENTA





LA COMUNITA’ SI INCONTRA A MIANELLA
INCONTRI GENERALI 2024 – 2025








Ho conosciuto Nicola in alcune riunioni della nuova sinistra napoletana, presente, attivo e sempre molto analitico nei suoi interventi. L’ho conosciuto meglio quando si è avvicinato alla nostra Comunità seguendoci nelle discussioni e nelle iniziative, forse incuriosito anche da questa esperienza singolare di una spiritualità laica. Nicola è stato sicuramente un compagno di vasta cultura e,spesso, lo evidenziavano i suoi lunghissimi, chilometrici commenti sui social (con soventi nostre insofferenze) che spaziavano dalla politica all’arte, dalla storia allo sport, al costume, sempre con competenza e personale partecipazione. A me Nicola è sembrato spesso una persona di altri tempi, in senso positivo, rispetto al cinismo, disumanita’, carrierismo che caratterizza questo nostro tempo. Lui, invece, con la sua gentilezza, generosità, il lavoro di avvocatura al servizio degli ultimi, un aspetto quasi di innocenza fanciullesca. L’impegno per la causa del popolo sahavariano lo ha visto lavorare fino agli ultimi giorni di vita. Adesso, caro Nicola, continueremo ad ascoltarti, stavolta nell’essenza del silenzio, e forse apprezzerete di più la tua voglia di comunicare. Riposa in pace!











































































































































“Il Signore promette ristoro e liberazione a tutti gli oppressi del mondo, ma ha bisogno di noi per rendere efficace la sua promessa. Ha bisogno dei nostri occhi per vedere le necessità dei fratelli e delle sorelle – Ha bisogno delle nostre mani per soccorrere. Ha bisogno della nostra voce per denunciare le ingiustizie commesse nel silenzio, talvolta complice, di molti“.Andate a imparare che cosa vuol dire: ‘Misericordia io voglio e non sacrifici’ (9,13). È un’accusa diretta verso l’ipocrisia sterile di chi non vuole “sporcarsi le mani”, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano. Si tratta di una tentazione ben presente anche ai nostri giorni, che si traduce in una chiusura nei confronti di quanti hanno diritto, come noi, alla sicurezza e a una condizione di vita dignitosa, e che costruisce muri, reali o immaginari, invece di ponti”.
















SABATO 24 FEBBRAIO 2024







accogliere gli altri profughi che arrivano a noi scappando da altre guerre, fame e lager di tortura. Questa crisi sta mettendo in luce come questa Europa non è capace di progettare il suo ruolo geo-politico in un mondo dove tutti siamo sulla stessa barca.





di Domenico Pizzuti


“…E qui rinnovo il mio appello affinché «in considerazione delle circostanze […] si mettano in condizione tutti gli Stati, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri»[6]”.“…«Una nuova etica presuppone l’essere consapevoli della necessità che tutti s’impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, come anche per dire alle nazioni l’importanza di difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti»[9]. Questo è il tempo propizio per rinnovare l’architettura finanziaria internazionale[10].”
«che può essere l’occasione per una transizione positiva, ma che richiede grandi cambiamenti: nel mondo del lavoro, nell’economia, nella nostra stessa organizzazione sociale, nel nostro equilibrio con la natura. Il Papa ha chiesto a noi economisti delle proposte concrete per affrontare queste sfide, che abbiano basi solide ma anche la creatività del Vangelo». La direzione verso cui la commissione post Covid-19 del Vaticano sta lavorando è quella di un modello economico più sostenibile e dell’ecologia integrale, per questo suor Alessandra è coinvolta anche nell’anno di celebrazioni della Laudato si’, l’enciclica sulla custodia del creato di papa Francesco, a cinque anni dalla pubblicazione il 24 maggio 2015. «Questi cinque anni sono stati il periodo della ruminatio», afferma suor Smerilli. «La Laudato si’ è stata accolta subito con entusiasmo, anche in ambienti non cattolici. Sono partite iniziative in tutto il mondo: penso alle famiglie che si sono unite per ridurre i consumi, alle nuove “comunità Laudato si’”, alle università e alle parrocchie che stanno attuando la conversione ecologica e danno spazio a una spiritualità del creato, all’interessante fenomeno dei monasteri a impatto zero, a tante persone non credenti che si sono mosse ispirate dall’enciclica. All’inizio si è trattato di iniziative sporadiche, che poi però sono state messe a sistema da chi, profondamente convinto, si è fatto promotore del cambiamento. L’anno di celebrazione sarà un altro inizio, cui seguiranno sette anni – un numero biblico, non a caso, per far crescere queste pratiche di transizione ecologica e replicarle, fare massa critica e aumentare l’impatto sulla politica e su chi deve prendere decisioni».





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