
CIRO CASTALDO LA RINUNCIA AD OGNI POTERE PER TESTIMONIARE UNA CHIESA “ALTRA” (d a Adista n. 21.2003)
Ciro Castaldo a settantaquattro anni è morto il 7 marzo a Torre del Greco, dove si era ritirato in seno alla famiglia per far fronte alla grave malattia che lo aveva colpito. Tornava spesso nella sua casa di Napoli da cui per oltre trent’anni aveva curato il collegamento delle Comunità cristiane di base italiane. Il suo indirizzo e il suo telefono sono stati il cuore della loro “Segreteria tecnica nazionale”. Una struttura agile e molto leggera perché le Cdb sono state e sono gelose della loro autonomia e, al tempo stesso, desiderose di mettere a confronto le diverse esperienze, che ciascuna di esse porta avanti radicata nel suo territorio sulla base delle scelte da cui è nata.

(al Convegno europeo di Amsterdam)
Ciro ha corrisposto a questa esigenza con tenacia e discrezione, dedizione e umiltà, nel rispetto della sua funzione, ma imponendo a tutti il rispetto dei tempi di maturazione necessari quando idee, proposte, progetti devono essere condivisi e realizzati da realtà diverse. Grazie a lui nessuno si è sentito emarginato o prevaricato; tutti e tutte si sono arricchiti nel confronto e nella contaminazione. Lentezze e ritardi, che talvolta hanno fatto lamentare gli efficientisti di turno, erano il prezzo di un modo “altro” di essere chiesa: povera di mezzi, ma anche di “autorità”. Una chiesa in cui l’autorità è veramente servizio, nella certezza che a guidarla è lo Spirito. Ben diversa da quell’istituzione nella quale Ciro aveva operato, curando la formazione dei giovani, nell’Azione cattolica prima e nel gruppo Helder Camara poi, ma da cui cominciò a “dissentire” quando, vedendo abbandonato lo spirito del Vaticano II, con pochi altri preti napoletani spontaneamente rinunciò al “posto” d’insegnante di religione cattolica nella scuola pubblica, per avviarsi a sperimentare un cammino di fede e di evangelizzazione dal basso senza privilegi e al di fuori di ogni compromesso col potere politico.
Ciro è stato, però, anche un uomo, buono e pieno d’ironia, un amico fraterno, un insegnante appassionato, un collega di lavoro amato da tutti, un cittadino impegnato. Ma di questo Ciro, fatto di gesti e detti indimenticabili, quelli che l’hanno conosciuto conservano in cuor loro una memoria incomunicabile.
NOTIZIARIO SU CIRO clicca per scaricare
I “pizzini” Della legalità
A cura delle classi V ist. Brunelleschi di Afragola – Caruso e Villari di Napoli
CIRO CASTALDO
Una vita per la comunità
coppola editore
Diversi sono stati gli uomini che hanno dedicato la propria vita alla realizzazione di un sogno. Tra questi Ciro Castaldo.
Ma chi è stato don Ciro Castaldo?
Lo abbiamo conosciuto attraverso riflessioni, racconti, parole, testimonianze di chi lo ha incontrato e ha condiviso con lui la stessa esperienza.
Ci hanno colpito alcune testimonianze delle Comunità Cristiane di Base italiane scritte in occasione della sua morte: “Ciro è testimonianza viva dell’impegno per un mondo più giusto e di una Chiesa più umana.” “Ciro ci lascia la testimonianza di un uomo, di un credente che ha lavorato umilmente e che ha perseverato anche nelle stagioni più dure della nostra storia ecclesiale con una fede ed un impegno mai scollegati dalla realtà culturale e socio–politica del nostro tempo”. “Ha svolto un servizio di grande umiltà e con profondo rispetto di tutte le diversità; le ha tenute insieme e le ha valorizzate”. e ancora, “Porterò sempre con me i suoi modi cordiali, il desiderio di far sempre contenti tutti, la parlata, perché no, anche l’odore del suo caffè così diverso da quello che non sapevamo preparargli noi”.
Don Ciro nasce a Torre del Greco il 9/11/1928, trascorre gli anni della fanciullezza frequentando la parrocchia di Santa Maria del Carmine. Terminate le scuole elementari entra in seminario per intraprendere la strada verso il sacerdozio. A causa della sua “vivacità” viene mandato via dal seminario dai suoi superiori, ma successivamente caparbiamente vi ritorna spinto dal desiderio di vivere ed annunciare il Vangelo.
Dirà più tardi: “Il Vangelo è annuncio, messaggio che diventa, nella concretezza, testimonianza e cioè coinvolgimento con gli ultimi, con i poveri, è essere per gli altri”.
E’ ordinato sacerdote nel 1954. Il suo primo impegno si svolge a Torre del Greco come assistente dell’Azione Cattolica nell’Associazione “Nuova Juventus” dove fu molto amato e stimato dai giovani per la sua saggezza e bontà.
Gli anni 60 sono anni di grande fermento per la Chiesa e il Concilio Vaticano II, aperto da Papa Giovanni, crea molte aspettative e speranze per il innovamento della Chiesa e per un modo nuovo di vivere ed annunciare il Vangelo.
Ciro in quegli anni è affascinato sempre più alla “Teologia della liberazione” che si sviluppa in America Latina ed ha i suoi riflessi anche da noi, secondo cui il Vangelo doveva essere prettamente a favore dei poveri e sogna una Chiesa “povera” coinvolta con le masse popolari al fine di liberare gli oppressi e sconfiggere lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Ma le sue speranze in questi profondi cambiamenti ecclesiali andarono deluse e Ciro Castaldo, nell’ambito della sua ricerca di fede, si stacca dalla Chiesa in quanto “La parrocchia non esprime una comunità autentica, reale, ma una istituzione giuridica, burocratica, religiosa, avulsa dalla realtà quotidiana della gente”.
Ciro Castaldo sostiene che l’esperienza di fede vissuta dalle comunità di base è finalizzata a riconoscere nella società post- industriale il senso della fede stessa; quindi il Popolo di Dio, come comunità di credenti, si esplica senza clericali privilegi di casta e di potere.
Abbiamo compreso, noi giovani, del percorso coraggioso e difficile da lui intrapreso per uscire dai canoni prefissati di una Chiesa burocratizzata e chiusa al proprio interno, e della sua speranza in una comunità di cristiani inserita nella storia e dunque figlia di una Chiesa “altra” non inconciliabile con i diritti fondamentali dell’uomo, bensì semplice, povera di mezzi materiali, lontana dal potere, ricca di amore per i più deboli e per gli emarginati.
Ciro in quegli anni fonda il gruppo “Helder Camara” dedicato al vescovo brasiliano di Recife –vescovo che si è votato all’impegno per la liberazione dei poveri ed ha trasferito la sua dimora nei quartieri più poveri e diseredati della sua diocesi. E’ la teologia della liberazione che si incarna nella storia è l’espressione di una chiesa schierata a favore dei poveri in perfetta coerenza con i principi evangelici, una chiesa capace di favorire e non di ostacolare i percorsi di liberazione degli uomini dallo sfruttamento e dal bisogno. Così, in quegli anni, scrivono di lui i giovani del gruppo:
“Ciro era il nostro assistente di Azione cattolica, ma a quei tempi certi discorsi non si facevano; egli, ne siamo sicuri, aveva già maturate certe considerazioni che forse noi solo oggi stiamo scoprendo. Egli non tentò di scandalizzarci né ci spinse mai a fare delle scelte, tutto partì da noi. Egli cominciò a stare con noi più spesso solo quando vide in noi una grande volontà di liberazione: Ci portava così alla scoperta di certe cose senza inculcarcele con la sua personalità. Così mano a mano, soprattutto parlando tra noi, ci sentimmo liberi da quei pesi che ci opprimevano”.
Sull’onda di questa ricerca di fede, intanto, si moltiplicano in Italia esperienze di comunità e gruppi di cristiani alla ricerca di un modo alternativo di vivere nella storia la loro testimonianza evangelica e nel 1971 danno vita ad un movimento che prende il nome di Comunità Cristiane di Base.
Nascono comunità a Gioiosa Ionica, Conversano, Lavello, Napoli, Torre del Greco, Palma Campania, Formia, Roma, Firenze, Livorno, Genova, Torino, Pinerolo, Gorizia, Bologna, Verona, ecc.
Ciro fonda a Napoli il gruppo di Via Blanc e più tardi entra a far parte della comunità di base del Cassano.
Nel frattempo viene chiamato ad occuparsi della “Segreteria Tecnica” del nascente movimento delle Comunità Cristiane di base.
Il suo è un lavoro instancabile, pieno di continua disponibilità, costante punto di riferimento per quanti hanno intrapreso il percorso di ricerca di fede.
E’ un compito difficile e gravoso ma Ciro si da anima e corpo a questa esperienza che porterà avanti per più di 30 anni fino alla morte avvenuta il 7 marzo 2003.
Il suo è un impegno per la crescita del movimento delle CdB e per fare questo si dimostra attento alla valorizzazione di tutte le diversità delle singole esperienze, sempre pronto a cogliere i “segni dei tempi”, con animo battagliero e, al contempo, pervaso da profonda onestà ed umiltà intellettuale propugnando sempre il grande valore della “laicità”.
Amava dire: “L’impegno della laicità investe la comunità ecclesiale non solo nel suo porsi alla società, ma anche, se non principalmente, nel suo modo di essere chiesa, nella sua prassi….”.
Ciro ha servito ed amato la Chiesa, perché voleva vederla bella, senza macchia, semplice, povera di mezzi materiali, ricca di amore per i più deboli, per gli emarginati; ma soprattutto ha creduto, ha sperato, ha servito, ha dato, ha voluto bene.
Cosa resta a noi giovani del terzo millennio del suo messaggio?
Pensiamo principalmente al suo coraggio, alla sua coerenza nella ricerca di una fede fortemente legata al messaggio evangelico degli ultimi e dei poveri, alla sua umiltà e dedizione nell’attività di servizio alle comunità.
Potremmo concludere con le parole che ci ha lasciato: “Un patrimonio forte…che le nuove generazioni non potranno ignorare, ma che certamente leggeranno in modo diverso da noi vecchi del “dissenso” e da cui potranno far scaturire, se convinti, nuove vie e nuovi cammini”.
L’impegno della sua vita, spesa fino in fondo per un nobile ideale, ci rimanda col pensiero a questi straordinari versi di Primo Mazzolari:
Noi ci impegniamo….
Ci impegniamo noi, e non gli altri;
unicamente noi, e non gli altri;
né chi sta in alto, né chi sta in basso;
né chi crede, né chi non crede.
Ci impegniamo,
senza pretendere che gli altri si impegnino,
con noi o per conto loro,
con noi o in altro modo.
Ci impegniamo
Senza giudicare chi non si impegna,
senza accusare chi non si impegna,
senza condannare chi non si impegna,
senza cercare perché non si impegna.
Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi mutiamo,
si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura.
La primavera incomincia con il primo fiore,
la notte con la prima stella,
il fiume con la prima goccia d’acqua,
l’amore con il primo pegno.
Ci impegniamo
Perché noi crediamo nell’amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta
a impegnarci perpetuamente.
Hanno collaborato: Miriam Maffei, Angela Tuccillo, Angela Cuccurullo, Giovanni Laezza, Francesca Annibale, Corcione Angela, Gragnaniello Roberta, Giglio Monica, Ambrosio Manna, La Rosa Marina, Juri, Giovanna, Elisa, Anna, Antonietta.
Hanno portato testimonianza di Ciro Castaldo: Mirella D’Antonio e Cristofaro Palomba della Comunità di base del Cassano di Napoli.


































PROPOSTA DI AZIONE DI RESISTENZA NONVIOLENTA





LA COMUNITA’ SI INCONTRA A MIANELLA
INCONTRI GENERALI 2024 – 2025








Ho conosciuto Nicola in alcune riunioni della nuova sinistra napoletana, presente, attivo e sempre molto analitico nei suoi interventi. L’ho conosciuto meglio quando si è avvicinato alla nostra Comunità seguendoci nelle discussioni e nelle iniziative, forse incuriosito anche da questa esperienza singolare di una spiritualità laica. Nicola è stato sicuramente un compagno di vasta cultura e,spesso, lo evidenziavano i suoi lunghissimi, chilometrici commenti sui social (con soventi nostre insofferenze) che spaziavano dalla politica all’arte, dalla storia allo sport, al costume, sempre con competenza e personale partecipazione. A me Nicola è sembrato spesso una persona di altri tempi, in senso positivo, rispetto al cinismo, disumanita’, carrierismo che caratterizza questo nostro tempo. Lui, invece, con la sua gentilezza, generosità, il lavoro di avvocatura al servizio degli ultimi, un aspetto quasi di innocenza fanciullesca. L’impegno per la causa del popolo sahavariano lo ha visto lavorare fino agli ultimi giorni di vita. Adesso, caro Nicola, continueremo ad ascoltarti, stavolta nell’essenza del silenzio, e forse apprezzerete di più la tua voglia di comunicare. Riposa in pace!











































































































































“Il Signore promette ristoro e liberazione a tutti gli oppressi del mondo, ma ha bisogno di noi per rendere efficace la sua promessa. Ha bisogno dei nostri occhi per vedere le necessità dei fratelli e delle sorelle – Ha bisogno delle nostre mani per soccorrere. Ha bisogno della nostra voce per denunciare le ingiustizie commesse nel silenzio, talvolta complice, di molti“.Andate a imparare che cosa vuol dire: ‘Misericordia io voglio e non sacrifici’ (9,13). È un’accusa diretta verso l’ipocrisia sterile di chi non vuole “sporcarsi le mani”, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano. Si tratta di una tentazione ben presente anche ai nostri giorni, che si traduce in una chiusura nei confronti di quanti hanno diritto, come noi, alla sicurezza e a una condizione di vita dignitosa, e che costruisce muri, reali o immaginari, invece di ponti”.
















SABATO 24 FEBBRAIO 2024







accogliere gli altri profughi che arrivano a noi scappando da altre guerre, fame e lager di tortura. Questa crisi sta mettendo in luce come questa Europa non è capace di progettare il suo ruolo geo-politico in un mondo dove tutti siamo sulla stessa barca.





di Domenico Pizzuti


“…E qui rinnovo il mio appello affinché «in considerazione delle circostanze […] si mettano in condizione tutti gli Stati, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri»[6]”.“…«Una nuova etica presuppone l’essere consapevoli della necessità che tutti s’impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, come anche per dire alle nazioni l’importanza di difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti»[9]. Questo è il tempo propizio per rinnovare l’architettura finanziaria internazionale[10].”
«che può essere l’occasione per una transizione positiva, ma che richiede grandi cambiamenti: nel mondo del lavoro, nell’economia, nella nostra stessa organizzazione sociale, nel nostro equilibrio con la natura. Il Papa ha chiesto a noi economisti delle proposte concrete per affrontare queste sfide, che abbiano basi solide ma anche la creatività del Vangelo». La direzione verso cui la commissione post Covid-19 del Vaticano sta lavorando è quella di un modello economico più sostenibile e dell’ecologia integrale, per questo suor Alessandra è coinvolta anche nell’anno di celebrazioni della Laudato si’, l’enciclica sulla custodia del creato di papa Francesco, a cinque anni dalla pubblicazione il 24 maggio 2015. «Questi cinque anni sono stati il periodo della ruminatio», afferma suor Smerilli. «La Laudato si’ è stata accolta subito con entusiasmo, anche in ambienti non cattolici. Sono partite iniziative in tutto il mondo: penso alle famiglie che si sono unite per ridurre i consumi, alle nuove “comunità Laudato si’”, alle università e alle parrocchie che stanno attuando la conversione ecologica e danno spazio a una spiritualità del creato, all’interessante fenomeno dei monasteri a impatto zero, a tante persone non credenti che si sono mosse ispirate dall’enciclica. All’inizio si è trattato di iniziative sporadiche, che poi però sono state messe a sistema da chi, profondamente convinto, si è fatto promotore del cambiamento. L’anno di celebrazione sarà un altro inizio, cui seguiranno sette anni – un numero biblico, non a caso, per far crescere queste pratiche di transizione ecologica e replicarle, fare massa critica e aumentare l’impatto sulla politica e su chi deve prendere decisioni».





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