
Unioni civili: l’amore secondo Francesco
Andrea Grillo 23/10/2020, 16:52
Tratto da: Adista Notizie n° 38 del 31/10/2020
La fede ecclesiale e la legge civile: la fine del paradigma ottocentesco
Non era difficile pensare che, prima o poi, sarebbe venuta una espressione di approvazione per la “cura civile”, per la “tutela giuridica” verso nuove forme di “unione” tra persone dello stesso sesso. La forma di questa espressione – alcune proposizioni di una intervista – non costituisce certo un atto magisteriale. Nondimeno è la prova di alcune “nuove evidenze” che meritano di essere qui brevemente richiamate:
– il rapporto tra dottrina cristiana e legge civile
La prima sorpresa è che, sia pure in un atto senza alcuna ufficialità, un papa non europeo e figlio del Concilio, possa impostare il proprio giudizio sulla legge civile non anzitutto sul piano pedagogico. Le vite dei soggetti, nella loro immediatezza, meritano rispetto e tutela. Questo, a partire dalla rivoluzione francese, ma soprattutto dalla breccia di Porta Pia, è stato molto difficile per il cattolicesimo e per i papi. La libertà con cui Francesco si muove su questo piano configura una nuova relazione strutturale tra ambito ecclesiale e ambito civile. Questo è il frutto di Amoris laetitia e di Fratelli tutti.
– la non impermeabilità della dottrina alla storia dei soggetti
D’altra parte, sarebbe errato ritenere che la “dottrina sul matrimonio e sulla sessualità” possa restare integra e intatta, fuori dal corso della storia dei soggetti e delle coscienze. La libertà di coscienza, la eguaglianza tra gli uomini e tra i sessi, la fratellanza come valore universale permettono alla Chiesa di elaborare una nuova antropologia e anche grandi novità nel pensare la sessualità e la relazione d’amore. Le famiglie di fatto, i fatti di famiglia, sono sempre state una bella sfida per la teologia, fin da Adamo ed Eva. La dottrina cresce con coloro che vivono la fede.
– la rimodulazione del rapporto tra generazione e unione
Lo stesso sacramento del matrimonio, pensato a lungo come “strumento del generare” o “metodo per sistemarsi”, non ha mai perso, anzitutto nella analogia “imperfetta” con la relazione tra Cristo e la Chiesa, la dimensione dell’amore come suo centro. Ora, lì dove si vive “per amore”, anche quando non vi sia alcuna possibilità di generare, quel progetto di vita merita attenzione e tutela. La nuova rilevanza dell’amore nel matrimonio rielabora la classica dottrina matrimoniale, che non dava all’amore una grande peso, e la traduce in altri termini.
– la “esclusiva” del matrimonio sull’esercizio della sessualità
D’altra parte il massimalismo morale che ha voluto, anche negli ultimi tempi, rinchiudere tutta la sessualità esercitata nell’ambito del matrimonio ha dovuto chiudere gli occhi su fenomeni antichi quanto l’uomo. Aprire gli occhi sul reale, senza idealizzarlo, è forse il più grande servizio alla tradizione. La trasformazione della intimità, che gli ultimi due secoli hanno conosciuto in Europa e in larga parte del mondo, è un “segno dei tempi”, dal quale la Chiesa ha anche qualcosa da imparare e non solo molto da insegnare.
– un paradigma nuovo, con tracce degli antichi
Una Chiesa che esce dal “paradigma ottocentesco” nel rapportarsi a se stessa e al mondo – da un paradigma fissato sul potere assoluto del papa e sulla scomunica verso le perversioni moderne – non deve solo andare avanti. Può anche riconsiderare ciò che è “pre-moderno”. Ad es. alla “legge civile”, secondo S. Tommaso, non si può chiedere “troppo”. Se si pretende che essa “censuri tutti i vizi”, si finisce per generare vizi maggiori. Il mondo di Tommaso non pretendeva che la legge ecclesiale si rispecchiasse sul piano civile: sapeva tollerare e addirittura apprezzare la differenza. In paragone a ciò molti cattolici di oggi appaiono rozzi e inadeguati. Papa Francesco ha imparato dalla tradizione la finezza e la lungimiranza. Così suonano in lui nuovissime parole antichissime.
Andrea Grillo è docente di Teologia dei Sacramenti e Filosofia della Religione al Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma e insegna Liturgia presso l’Abbazia di Santa Giustina, a Padova; è saggista e blogger, (www.cittadellaeditrice.com/munera/come-se-non)















PROPOSTA DI AZIONE DI RESISTENZA NONVIOLENTA





LA COMUNITA’ SI INCONTRA A MIANELLA
INCONTRI GENERALI 2024 – 2025








Ho conosciuto Nicola in alcune riunioni della nuova sinistra napoletana, presente, attivo e sempre molto analitico nei suoi interventi. L’ho conosciuto meglio quando si è avvicinato alla nostra Comunità seguendoci nelle discussioni e nelle iniziative, forse incuriosito anche da questa esperienza singolare di una spiritualità laica. Nicola è stato sicuramente un compagno di vasta cultura e,spesso, lo evidenziavano i suoi lunghissimi, chilometrici commenti sui social (con soventi nostre insofferenze) che spaziavano dalla politica all’arte, dalla storia allo sport, al costume, sempre con competenza e personale partecipazione. A me Nicola è sembrato spesso una persona di altri tempi, in senso positivo, rispetto al cinismo, disumanita’, carrierismo che caratterizza questo nostro tempo. Lui, invece, con la sua gentilezza, generosità, il lavoro di avvocatura al servizio degli ultimi, un aspetto quasi di innocenza fanciullesca. L’impegno per la causa del popolo sahavariano lo ha visto lavorare fino agli ultimi giorni di vita. Adesso, caro Nicola, continueremo ad ascoltarti, stavolta nell’essenza del silenzio, e forse apprezzerete di più la tua voglia di comunicare. Riposa in pace!











































































































































“Il Signore promette ristoro e liberazione a tutti gli oppressi del mondo, ma ha bisogno di noi per rendere efficace la sua promessa. Ha bisogno dei nostri occhi per vedere le necessità dei fratelli e delle sorelle – Ha bisogno delle nostre mani per soccorrere. Ha bisogno della nostra voce per denunciare le ingiustizie commesse nel silenzio, talvolta complice, di molti“.Andate a imparare che cosa vuol dire: ‘Misericordia io voglio e non sacrifici’ (9,13). È un’accusa diretta verso l’ipocrisia sterile di chi non vuole “sporcarsi le mani”, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano. Si tratta di una tentazione ben presente anche ai nostri giorni, che si traduce in una chiusura nei confronti di quanti hanno diritto, come noi, alla sicurezza e a una condizione di vita dignitosa, e che costruisce muri, reali o immaginari, invece di ponti”.
















SABATO 24 FEBBRAIO 2024







accogliere gli altri profughi che arrivano a noi scappando da altre guerre, fame e lager di tortura. Questa crisi sta mettendo in luce come questa Europa non è capace di progettare il suo ruolo geo-politico in un mondo dove tutti siamo sulla stessa barca.





di Domenico Pizzuti


“…E qui rinnovo il mio appello affinché «in considerazione delle circostanze […] si mettano in condizione tutti gli Stati, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri»[6]”.“…«Una nuova etica presuppone l’essere consapevoli della necessità che tutti s’impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, come anche per dire alle nazioni l’importanza di difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti»[9]. Questo è il tempo propizio per rinnovare l’architettura finanziaria internazionale[10].”
«che può essere l’occasione per una transizione positiva, ma che richiede grandi cambiamenti: nel mondo del lavoro, nell’economia, nella nostra stessa organizzazione sociale, nel nostro equilibrio con la natura. Il Papa ha chiesto a noi economisti delle proposte concrete per affrontare queste sfide, che abbiano basi solide ma anche la creatività del Vangelo». La direzione verso cui la commissione post Covid-19 del Vaticano sta lavorando è quella di un modello economico più sostenibile e dell’ecologia integrale, per questo suor Alessandra è coinvolta anche nell’anno di celebrazioni della Laudato si’, l’enciclica sulla custodia del creato di papa Francesco, a cinque anni dalla pubblicazione il 24 maggio 2015. «Questi cinque anni sono stati il periodo della ruminatio», afferma suor Smerilli. «La Laudato si’ è stata accolta subito con entusiasmo, anche in ambienti non cattolici. Sono partite iniziative in tutto il mondo: penso alle famiglie che si sono unite per ridurre i consumi, alle nuove “comunità Laudato si’”, alle università e alle parrocchie che stanno attuando la conversione ecologica e danno spazio a una spiritualità del creato, all’interessante fenomeno dei monasteri a impatto zero, a tante persone non credenti che si sono mosse ispirate dall’enciclica. All’inizio si è trattato di iniziative sporadiche, che poi però sono state messe a sistema da chi, profondamente convinto, si è fatto promotore del cambiamento. L’anno di celebrazione sarà un altro inizio, cui seguiranno sette anni – un numero biblico, non a caso, per far crescere queste pratiche di transizione ecologica e replicarle, fare massa critica e aumentare l’impatto sulla politica e su chi deve prendere decisioni».





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