
Ministero, potere, servizio
– ANNO B, 21 ottobre 2018, XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO; Is 53,10-11; Sal 32; Eb 4,14-16; Mc 10,35-45 Giovanni Sarubbi * 15/09/2018, 00:02 Tratto da: Adista Notizie n° 32 del 22/09/2018
C’è in questo passo dell’evangelo la condanna inequivocabile del potere mondano che è basato sul dominio di pochi “capi” che usano il loro ruolo per opprimere i popoli da essi governati. Dietro ad ogni potere c’è il suo abuso ed il suo arbitrio.
La chiesa dovrebbe essere una comunità di fratelli e sorelle, che si servono e si accolgono gli uni gli altri senza oppressioni reciproche. E il termine ecclèsia, da cui deriva la parola chiesa, indicava duemila anni fa non un luogo sacro ma l’assemblea «popolare delle libere città dell’antica Grecia in cui si discuteva e si deliberava sulle questioni di interesse generale e alla quale partecipavano con diritto di parola e di voto tutti i cittadini nel pieno possesso dei loro diritti» (definizione da Treccani on-line). Questo dice Gesù. E invece… «Chi vede il vescovo vede Cristo »: con questa affermazione lapidaria, nel 2005, un vescovo “prese possesso” (nel senso più letterale del termine) della diocesi alla quale era stato nominato. Affermò il suo potere, il suo essere Alter Christus, mediatore tra Dio e l’uomo, un dio lontano che nega ciò che ha detto e fatto “il Figlio dell’Uomo”, quel Gesù che è stato ricacciato nell’alto dei cieli dalla casta sacerdotale che non vuole vedere il “dio umanità” di cui parlava Gesù. Tutte le Chiese cristiane, nessuna esclusa, sono strutture di potere che negano alla radice questa pagina del Vangelo di Gesù di Nazareth. Ricordo la testimonianza di una pastora protestante che durante un convegno raccontava la sua infanzia e la piramide di potere a cui essa era stata sottoposta. «In cima alla piramide c’era Dio – disse – e immediatamente sotto il pastore».
Nella Chiesa cattolica, scrive José María Castillo, «si è inteso e giustificato il “ministero apostolico” come “sacerdozio” dotato di “potere” (Trento, sessione 23. DH 1764, 1771) e come “episcopato” dotato di “piena e suprema potestà” (Vaticano II, LG 22)». Ed è scioccante – scrive sempre Castillo – che questo passo evangelico, dove Gesù dice agli apostoli che non devono esercitare il potere come lo esercitano i capi politici, non venga mai citato neanche una volta nei documenti principali del Magistero della Chiesa (DH, pp. 1583 ss). Anche il Vangelo può essere manipolato.
Il prete è stato rivestito di tanti e tali poteri da farne una specie di superuomo, anche lui Alter Christus. Un Christus non più “Figlio dell’Uomo”, nostro fratello di cui seguire le orme ma un Gesù Dio, dotato di tutti i poteri di Dio, lontano ed irraggiungibile.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1551 viene sancito che «Il sacramento dell’Ordine comunica “una potestà sacra”, che è precisamente quella di Cristo» e, al n. 1548, «che il sacerdote, in virtù del sacramento dell’Ordine, agisce “in persona Christi capitis” (in persona di Cristo Capo)». I sacerdoti sono “consacrati”, sono cioè separati dal resto della Chiesa poiché l’ordinazione «è una separazione e una investitura da parte di Cristo stesso» (CCC 1538) ed inoltre che «Il sacramento dell’Ordine conferisce un carattere spirituale indelebile e non può essere ripetuto né essere conferito per un tempo limitato» «poiché il carattere impresso dall’ordinazione rimane per sempre» (CCC 1582 e 1583).
Il termine ministero, derivante dal latino ministerium «servizio, ufficio, carica, impiego», è diventato sinonimo di potere. Così l’esercizio del cosiddetto “ministero petrino” è, ancora oggi, l’esercizio di un potere su tutta la Chiesa, altro che “carità”. Chiesa che esiste, secondo la dottrina cattolica, la dove c’è un episcopus secondo la nota formula “ubi episcopus ibi ecclesia” (dov’è il vescovo, ivi è la chiesa) che risale ad Ignazio d’Antiochia (II secolo), che fa il paio con l’altra nota sentenza di sant’Ambrogio (Expositio in Ps., XL, § 30), «ubi Petrus, ibi Ecclesia» («dove è Pietro, ivi è la Chiesa»). E quindi ancora “primati petrini”, capi, dominio… altro che «chi vuole essere il primo tra voi sarà servo di tutti».
C’è una contraddizione insanabile fra il Vangelo e ciò che oggi sono, dopo duemila anni, le Chiese cristiane che prima o poi deve essere risolta.
* Giovanni Sarubbi, esperto di dialogo ecumenico ed interreligioso, è direttore del periodico il dialogo di Monteforte Irpino (AV)















PROPOSTA DI AZIONE DI RESISTENZA NONVIOLENTA





LA COMUNITA’ SI INCONTRA A MIANELLA
INCONTRI GENERALI 2024 – 2025








Ho conosciuto Nicola in alcune riunioni della nuova sinistra napoletana, presente, attivo e sempre molto analitico nei suoi interventi. L’ho conosciuto meglio quando si è avvicinato alla nostra Comunità seguendoci nelle discussioni e nelle iniziative, forse incuriosito anche da questa esperienza singolare di una spiritualità laica. Nicola è stato sicuramente un compagno di vasta cultura e,spesso, lo evidenziavano i suoi lunghissimi, chilometrici commenti sui social (con soventi nostre insofferenze) che spaziavano dalla politica all’arte, dalla storia allo sport, al costume, sempre con competenza e personale partecipazione. A me Nicola è sembrato spesso una persona di altri tempi, in senso positivo, rispetto al cinismo, disumanita’, carrierismo che caratterizza questo nostro tempo. Lui, invece, con la sua gentilezza, generosità, il lavoro di avvocatura al servizio degli ultimi, un aspetto quasi di innocenza fanciullesca. L’impegno per la causa del popolo sahavariano lo ha visto lavorare fino agli ultimi giorni di vita. Adesso, caro Nicola, continueremo ad ascoltarti, stavolta nell’essenza del silenzio, e forse apprezzerete di più la tua voglia di comunicare. Riposa in pace!











































































































































“Il Signore promette ristoro e liberazione a tutti gli oppressi del mondo, ma ha bisogno di noi per rendere efficace la sua promessa. Ha bisogno dei nostri occhi per vedere le necessità dei fratelli e delle sorelle – Ha bisogno delle nostre mani per soccorrere. Ha bisogno della nostra voce per denunciare le ingiustizie commesse nel silenzio, talvolta complice, di molti“.Andate a imparare che cosa vuol dire: ‘Misericordia io voglio e non sacrifici’ (9,13). È un’accusa diretta verso l’ipocrisia sterile di chi non vuole “sporcarsi le mani”, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano. Si tratta di una tentazione ben presente anche ai nostri giorni, che si traduce in una chiusura nei confronti di quanti hanno diritto, come noi, alla sicurezza e a una condizione di vita dignitosa, e che costruisce muri, reali o immaginari, invece di ponti”.
















SABATO 24 FEBBRAIO 2024







accogliere gli altri profughi che arrivano a noi scappando da altre guerre, fame e lager di tortura. Questa crisi sta mettendo in luce come questa Europa non è capace di progettare il suo ruolo geo-politico in un mondo dove tutti siamo sulla stessa barca.





di Domenico Pizzuti


“…E qui rinnovo il mio appello affinché «in considerazione delle circostanze […] si mettano in condizione tutti gli Stati, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri»[6]”.“…«Una nuova etica presuppone l’essere consapevoli della necessità che tutti s’impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, come anche per dire alle nazioni l’importanza di difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti»[9]. Questo è il tempo propizio per rinnovare l’architettura finanziaria internazionale[10].”
«che può essere l’occasione per una transizione positiva, ma che richiede grandi cambiamenti: nel mondo del lavoro, nell’economia, nella nostra stessa organizzazione sociale, nel nostro equilibrio con la natura. Il Papa ha chiesto a noi economisti delle proposte concrete per affrontare queste sfide, che abbiano basi solide ma anche la creatività del Vangelo». La direzione verso cui la commissione post Covid-19 del Vaticano sta lavorando è quella di un modello economico più sostenibile e dell’ecologia integrale, per questo suor Alessandra è coinvolta anche nell’anno di celebrazioni della Laudato si’, l’enciclica sulla custodia del creato di papa Francesco, a cinque anni dalla pubblicazione il 24 maggio 2015. «Questi cinque anni sono stati il periodo della ruminatio», afferma suor Smerilli. «La Laudato si’ è stata accolta subito con entusiasmo, anche in ambienti non cattolici. Sono partite iniziative in tutto il mondo: penso alle famiglie che si sono unite per ridurre i consumi, alle nuove “comunità Laudato si’”, alle università e alle parrocchie che stanno attuando la conversione ecologica e danno spazio a una spiritualità del creato, all’interessante fenomeno dei monasteri a impatto zero, a tante persone non credenti che si sono mosse ispirate dall’enciclica. All’inizio si è trattato di iniziative sporadiche, che poi però sono state messe a sistema da chi, profondamente convinto, si è fatto promotore del cambiamento. L’anno di celebrazione sarà un altro inizio, cui seguiranno sette anni – un numero biblico, non a caso, per far crescere queste pratiche di transizione ecologica e replicarle, fare massa critica e aumentare l’impatto sulla politica e su chi deve prendere decisioni».





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