
GEMELLAGGIO RIACE – GAZA
GEMELLAGGIO FRA RIACE E GAZA
MIMMO LUCANO
Le ragioni, umane e politiche, che mi hanno spinto a formalizzare il legame della comunità riacese con Gaza, non si limitano alle circostanze del momento attuale, alla sola necessità di esprimere con ogni mezzo, morale e materiale, sostegno e solidarietà al popolo di Palestina, stretto nella morsa dei due imperialismi congiunti di Stati Uniti e Israele. Oggi, 5 agosto, a quasi due anni dall’inizio di quello che vigliaccamente si continua a chiamare conflitto israelo-palestinese, ma che è invero il proseguimento tragico di decceni di oppressione, di esodi forzati, di negazione sistematica dell’identità di un intero popolo, istituiamo un atto che non è e non vuole essere solo simbolico.Con il gemellaggio tra Riace e Gaza, intendo far risuonare ovunque il senso autentico della mia intenzione politica, cioè generare processi di liberazione, di riscatto e autodeterminazione, e riabilitare la giustizia, perché non sia ridotta e isterilita in ordinamenti e norme, ma strumento per una libertà riconquistata e riconosciuta. Riace, che ha avuto il coraggio d’incarnare l’utopia dell’uguaglianza, si dichiara testimone del massacro delle decine di migliaia di vittime palestinesi, prende parte al loro dolore, accoglie la sfida di restare umani, usando le parole, che facciamo nostre, di Vittorio Arrigoni. Nel 2010 fummo l’unico Comune ad accogliere l’appello della Farnesina di ospitare i profughi palestinesi rimasti senza protezione dopo la caduta del regime di Saddam Hussein in Iraq. Li accogliemmo con un applauso. Con noi c’era, quasi per una coincidenza, il regista tedesco Wim Wenders, che anche in quell’occasione usò, come sua consuetudine, la cinepresa come mezzo di espressione artistica, capace di cambiare la prospettiva sul mondo.Quel mondo spaccato nel mezzo di Berlino, da un Occidente che oggi guarda a Israele con complicità, che tenta in ogni modo di mistificare lo sterminio, qui ha dovuto arretrare. Qui vogliamo scrivere un’altra storia, come già è successo. Dall’arrivo dei nostri compagni curdi, questo luogo rimosso del meridione d’Italia, inghiottito da politiche discriminatorie, umiliato dallo strapotere mafioso, costretto ad accettare un destino di oblio, ha trovato accanto ai perseguitati della Terra il suo legame profondo, il filo rosso che ci ricongiunge nella lotta. Ieri sera, nell’ambito di un evento organizzato da riacesi, in collaborazione con l’antropologo calabrese Vito Teti, abbiamo ricordato il documentario “In Calabria” di Vittorio De Seta. Voglio concludere il mio intervento citando le sue parole, lucide e poetiche, a proposito dell’anima calabrese:”L’anima calabrese ha un’impronta orientale.Qui, cinque secoli fa, quando il loro paese fu invaso dai Turchi, arrivarono anche gli Albanesi. Per quanto abbiano sempre dimostrato un forte attaccamento alle tradizioni, e abbiano mantenuto gelosamente la loro lingua, i costumi, il rito greco-ortodosso, hanno convissuto pacificamente con gli abitanti del posto. Quando nessuno soffia sul fuoco delle differenze tra i popoli, la gente semplice è portata a vivere in pace”.















PROPOSTA DI AZIONE DI RESISTENZA NONVIOLENTA





LA COMUNITA’ SI INCONTRA A MIANELLA
INCONTRI GENERALI 2024 – 2025








Ho conosciuto Nicola in alcune riunioni della nuova sinistra napoletana, presente, attivo e sempre molto analitico nei suoi interventi. L’ho conosciuto meglio quando si è avvicinato alla nostra Comunità seguendoci nelle discussioni e nelle iniziative, forse incuriosito anche da questa esperienza singolare di una spiritualità laica. Nicola è stato sicuramente un compagno di vasta cultura e,spesso, lo evidenziavano i suoi lunghissimi, chilometrici commenti sui social (con soventi nostre insofferenze) che spaziavano dalla politica all’arte, dalla storia allo sport, al costume, sempre con competenza e personale partecipazione. A me Nicola è sembrato spesso una persona di altri tempi, in senso positivo, rispetto al cinismo, disumanita’, carrierismo che caratterizza questo nostro tempo. Lui, invece, con la sua gentilezza, generosità, il lavoro di avvocatura al servizio degli ultimi, un aspetto quasi di innocenza fanciullesca. L’impegno per la causa del popolo sahavariano lo ha visto lavorare fino agli ultimi giorni di vita. Adesso, caro Nicola, continueremo ad ascoltarti, stavolta nell’essenza del silenzio, e forse apprezzerete di più la tua voglia di comunicare. Riposa in pace!











































































































































“Il Signore promette ristoro e liberazione a tutti gli oppressi del mondo, ma ha bisogno di noi per rendere efficace la sua promessa. Ha bisogno dei nostri occhi per vedere le necessità dei fratelli e delle sorelle – Ha bisogno delle nostre mani per soccorrere. Ha bisogno della nostra voce per denunciare le ingiustizie commesse nel silenzio, talvolta complice, di molti“.Andate a imparare che cosa vuol dire: ‘Misericordia io voglio e non sacrifici’ (9,13). È un’accusa diretta verso l’ipocrisia sterile di chi non vuole “sporcarsi le mani”, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano. Si tratta di una tentazione ben presente anche ai nostri giorni, che si traduce in una chiusura nei confronti di quanti hanno diritto, come noi, alla sicurezza e a una condizione di vita dignitosa, e che costruisce muri, reali o immaginari, invece di ponti”.
















SABATO 24 FEBBRAIO 2024







accogliere gli altri profughi che arrivano a noi scappando da altre guerre, fame e lager di tortura. Questa crisi sta mettendo in luce come questa Europa non è capace di progettare il suo ruolo geo-politico in un mondo dove tutti siamo sulla stessa barca.





di Domenico Pizzuti


“…E qui rinnovo il mio appello affinché «in considerazione delle circostanze […] si mettano in condizione tutti gli Stati, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri»[6]”.“…«Una nuova etica presuppone l’essere consapevoli della necessità che tutti s’impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, come anche per dire alle nazioni l’importanza di difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti»[9]. Questo è il tempo propizio per rinnovare l’architettura finanziaria internazionale[10].”
«che può essere l’occasione per una transizione positiva, ma che richiede grandi cambiamenti: nel mondo del lavoro, nell’economia, nella nostra stessa organizzazione sociale, nel nostro equilibrio con la natura. Il Papa ha chiesto a noi economisti delle proposte concrete per affrontare queste sfide, che abbiano basi solide ma anche la creatività del Vangelo». La direzione verso cui la commissione post Covid-19 del Vaticano sta lavorando è quella di un modello economico più sostenibile e dell’ecologia integrale, per questo suor Alessandra è coinvolta anche nell’anno di celebrazioni della Laudato si’, l’enciclica sulla custodia del creato di papa Francesco, a cinque anni dalla pubblicazione il 24 maggio 2015. «Questi cinque anni sono stati il periodo della ruminatio», afferma suor Smerilli. «La Laudato si’ è stata accolta subito con entusiasmo, anche in ambienti non cattolici. Sono partite iniziative in tutto il mondo: penso alle famiglie che si sono unite per ridurre i consumi, alle nuove “comunità Laudato si’”, alle università e alle parrocchie che stanno attuando la conversione ecologica e danno spazio a una spiritualità del creato, all’interessante fenomeno dei monasteri a impatto zero, a tante persone non credenti che si sono mosse ispirate dall’enciclica. All’inizio si è trattato di iniziative sporadiche, che poi però sono state messe a sistema da chi, profondamente convinto, si è fatto promotore del cambiamento. L’anno di celebrazione sarà un altro inizio, cui seguiranno sette anni – un numero biblico, non a caso, per far crescere queste pratiche di transizione ecologica e replicarle, fare massa critica e aumentare l’impatto sulla politica e su chi deve prendere decisioni».





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