
PAROLA DI DIO? DIPENDE…
“Finché le religioni non avranno il coraggio di ammettere e dichiarare ufficialmente che il testo sacro al quale esse s’ispirano, insieme a pagine indubbiamente sublimi, contiene anche elementi spuri, scorie che ne infettano la grandezza e avvelenano l’animo di chi ispira il proprio comportamento a una scrittura ritenuta sacra, finché non ci sarà questo passo, le cosiddette “religioni del Libro” saranno sempre causa di sofferenza e di morte, in nome di Dio…”. Su ilLibraio.it la riflessione, molto attuale, del biblista frate Alberto Maggi
PAROLA DI DIO? DIPENDE…
Finché le religioni non avranno il coraggio di ammettere e dichiarare ufficialmente che il testo sacro al quale esse s’ispirano, insieme a pagine indubbiamente sublimi, contiene anche elementi spuri, scorie che ne infettano la grandezza e avvelenano l’animo di chi ispira il proprio comportamento a una scrittura ritenuta sacra, finché non ci sarà questo passo, le cosiddette “religioni del Libro” saranno sempre causa di sofferenza e di morte, in nome di Dio. Il motivo, infatti,per il quale si è permesso, giustificato e persino comandato ogni crimine in nome di Dio, è che “così è scritto”, e le sacre scritture, da fonte di vita si trasformano in strumenti di sofferenza e di morte.
Ma non è sufficiente spurgare le scritture da arcaici elementi tribali, dalle superstizioni, dai tabù, dall’atavico odio etnico, occorre anche che quel che è stato scritto sia rettamente e continuamente interpretato, altrimenti una comprensione meramente letterale della scrittura anziché comunicare vita, può causare morte, come ben si rese conto l’apostolo Paolo (“La lettera uccide”, 2 Cor 3,6).
Come “chi non ama non ha conosciuto Dio”(1 Gv 4,8), così tutto quel che non è per il bene dell’uomo, non proviene da Dio, anche se è scritto e al Signore viene attribuito. Certamente per compiere questo passo ci vuole molto coraggio, e Gesù l’ha avuto, pagando con la vita. Il Cristo ha avuto la temerarietà di dichiarare che non tutto quel che è scritto nei sacri testi proviene da Dio. Per questo non ha posto un libro,per quanto sacro, quale codice di comportamento per i credenti, bensì il bene dell’uomo.
Per Gesù non basta che un testo sia considerato sacro, occorre anche che l’uomo venga considerato sacro. Il criterio di quel che è bene e quel che è male, permesso o no, non si basa per Gesù sull’osservanza o no del Libro, ma sulla pratica dell’amore. Per questo Gesù ha relativizzato l’importanza della Legge divina, attribuendo a Mosè, e non a Dio, alcune parti della stessa: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così”(Mt 19,8). Secondo la tradizione religiosa, ogni singola parola della Legge veniva da Dio stesso. Mosè aveva avuto il semplice ruolo di esecutore della volontà di Dio, ed era inammissibile affermare che alcune parti provenivano da Mosè anziché dal Signore (“Chi assicura che la Torah non viene dal cielo, almeno in quel testo e che Mosè e non Dio l’ha detto…verrà sterminato in questo mondo e nel mondo a venire”, Sanhedrin B. 99°). Lo scontro più clamoroso tra Gesù e il Libro è stato sul tema, importantissimo per i Giudei, delle regole di purità rituali che si facevano discendere direttamente da Dio.















PROPOSTA DI AZIONE DI RESISTENZA NONVIOLENTA





LA COMUNITA’ SI INCONTRA A MIANELLA
INCONTRI GENERALI 2024 – 2025








Ho conosciuto Nicola in alcune riunioni della nuova sinistra napoletana, presente, attivo e sempre molto analitico nei suoi interventi. L’ho conosciuto meglio quando si è avvicinato alla nostra Comunità seguendoci nelle discussioni e nelle iniziative, forse incuriosito anche da questa esperienza singolare di una spiritualità laica. Nicola è stato sicuramente un compagno di vasta cultura e,spesso, lo evidenziavano i suoi lunghissimi, chilometrici commenti sui social (con soventi nostre insofferenze) che spaziavano dalla politica all’arte, dalla storia allo sport, al costume, sempre con competenza e personale partecipazione. A me Nicola è sembrato spesso una persona di altri tempi, in senso positivo, rispetto al cinismo, disumanita’, carrierismo che caratterizza questo nostro tempo. Lui, invece, con la sua gentilezza, generosità, il lavoro di avvocatura al servizio degli ultimi, un aspetto quasi di innocenza fanciullesca. L’impegno per la causa del popolo sahavariano lo ha visto lavorare fino agli ultimi giorni di vita. Adesso, caro Nicola, continueremo ad ascoltarti, stavolta nell’essenza del silenzio, e forse apprezzerete di più la tua voglia di comunicare. Riposa in pace!











































































































































“Il Signore promette ristoro e liberazione a tutti gli oppressi del mondo, ma ha bisogno di noi per rendere efficace la sua promessa. Ha bisogno dei nostri occhi per vedere le necessità dei fratelli e delle sorelle – Ha bisogno delle nostre mani per soccorrere. Ha bisogno della nostra voce per denunciare le ingiustizie commesse nel silenzio, talvolta complice, di molti“.Andate a imparare che cosa vuol dire: ‘Misericordia io voglio e non sacrifici’ (9,13). È un’accusa diretta verso l’ipocrisia sterile di chi non vuole “sporcarsi le mani”, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano. Si tratta di una tentazione ben presente anche ai nostri giorni, che si traduce in una chiusura nei confronti di quanti hanno diritto, come noi, alla sicurezza e a una condizione di vita dignitosa, e che costruisce muri, reali o immaginari, invece di ponti”.
















SABATO 24 FEBBRAIO 2024







accogliere gli altri profughi che arrivano a noi scappando da altre guerre, fame e lager di tortura. Questa crisi sta mettendo in luce come questa Europa non è capace di progettare il suo ruolo geo-politico in un mondo dove tutti siamo sulla stessa barca.





di Domenico Pizzuti


“…E qui rinnovo il mio appello affinché «in considerazione delle circostanze […] si mettano in condizione tutti gli Stati, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri»[6]”.“…«Una nuova etica presuppone l’essere consapevoli della necessità che tutti s’impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, come anche per dire alle nazioni l’importanza di difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti»[9]. Questo è il tempo propizio per rinnovare l’architettura finanziaria internazionale[10].”
«che può essere l’occasione per una transizione positiva, ma che richiede grandi cambiamenti: nel mondo del lavoro, nell’economia, nella nostra stessa organizzazione sociale, nel nostro equilibrio con la natura. Il Papa ha chiesto a noi economisti delle proposte concrete per affrontare queste sfide, che abbiano basi solide ma anche la creatività del Vangelo». La direzione verso cui la commissione post Covid-19 del Vaticano sta lavorando è quella di un modello economico più sostenibile e dell’ecologia integrale, per questo suor Alessandra è coinvolta anche nell’anno di celebrazioni della Laudato si’, l’enciclica sulla custodia del creato di papa Francesco, a cinque anni dalla pubblicazione il 24 maggio 2015. «Questi cinque anni sono stati il periodo della ruminatio», afferma suor Smerilli. «La Laudato si’ è stata accolta subito con entusiasmo, anche in ambienti non cattolici. Sono partite iniziative in tutto il mondo: penso alle famiglie che si sono unite per ridurre i consumi, alle nuove “comunità Laudato si’”, alle università e alle parrocchie che stanno attuando la conversione ecologica e danno spazio a una spiritualità del creato, all’interessante fenomeno dei monasteri a impatto zero, a tante persone non credenti che si sono mosse ispirate dall’enciclica. All’inizio si è trattato di iniziative sporadiche, che poi però sono state messe a sistema da chi, profondamente convinto, si è fatto promotore del cambiamento. L’anno di celebrazione sarà un altro inizio, cui seguiranno sette anni – un numero biblico, non a caso, per far crescere queste pratiche di transizione ecologica e replicarle, fare massa critica e aumentare l’impatto sulla politica e su chi deve prendere decisioni».





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