
Il Conclave che vorremmo: non un successore, ma un profeta
dalla pagina facebook “La chiesa che vorrei”
Tra poco si apriranno le porte della Sistina. I cardinali entreranno, voteranno, uscirà del fumo.I giornalisti cercheranno la chiave geopolitica. I fedeli aspetteranno un segno.Ma molti di noi, in coscienza, si fanno un’altra domanda:serve ancora un papa, se non è disposto a cambiare davvero?Perché il problema della Chiesa non è solo morale, o pastorale.È teologico. È dottrinale. È strutturale.Da troppo tempo la Chiesa si è blindata nella paura.Ha trasformato la dottrina in una cassaforte di dogmi inviolabili.Ha congelato la teologia, impedendole di respirare con i polmoni del mondo, del dubbio, della storia.Ha preferito il controllo all’ascolto, il magistero alla profezia, la ripetizione al discernimento.E così, il Vaticano II è stato tradito.Quella grande primavera dello Spirito è stata imbalsamata in un linguaggio curiale.Le aperture sono state chiuse. Le porte socchiuse sono state sbarrate.La collegialità è rimasta un concetto astratto.Il popolo di Dio, che doveva diventare soggetto, è tornato a essere spettatore.Ci serve un papa che abbia il coraggio di aprire le finestre, davvero.Che dica finalmente: la dottrina può e deve evolvere.Che ascolti i teologi non allineati. Che legga i segni dei tempi. Che dica: “non abbiamo tutte le risposte”.Ci serve un papa che non abbia paura della teologia femminista, della ricerca biblica, del pensiero critico.Un papa che smetta di proteggere un’istituzione decadente e provi a incarnare il Vangelo, non solo a predicarlo.Per questo torniamo a Giovanni XXIII, il vecchio “papa buono” che ebbe il coraggio di sognare una Chiesa aggiornata, umile, aperta, dialogante.Che parlava ai comunisti, ai lavoratori, ai non credenti.Che convocò un Concilio non per difendersi dal mondo, ma per ascoltarlo e abbracciarlo.E torniamo a don Milani, che disse: “la scuola siede sul mondo, e la Chiesa anche”.A don Mazzolari, che fu sospeso perché la sua parola era troppo viva.A David Maria Turoldo, che osò dire che Dio si nasconde più nei volti degli oppressi che nei dogmi.A mons. Romero, assassinato mentre celebrava l’Eucaristia: non per eresia, ma per fedeltà al Vangelo.A Pasolini, che disse: “Io non sono contro il cristianesimo, sono contro la Chiesa del potere”.A Ernesto Balducci, che immaginava un cristianesimo post-religioso, liberato dalla sovrastruttura del sacro.Vogliamo una Chiesa che non difenda più il celibato obbligatorio, ma ascolti i preti che amano e soffrono.Che non condanni più le coppie omosessuali, ma le accompagni nel Vangelo dell’amore.Che non imponga più verità su aborto, sessualità, famiglia, bioetica, ma aiuti le coscienze a discernere nel profondo.Una Chiesa che non viva più per preservarsi, ma per perdersi nel mondo, come fece il Maestro.Che non abbia più paura della scienza, della filosofia, delle domande.Che non si arrenda al clericalismo, alle parate liturgiche, al compromesso con i potenti.Il Conclave verrà. Ma se non porta con sé un terremoto, resterà solo fumo.Noi, intanto, camminiamo.Con i poveri. Con i profeti. Con le coscienze libere.Perché la Chiesa che vorremmo esiste già: è nelle periferie, nei gruppi di base, nelle donne che resistono, nei credenti che lottano.E se un giorno un papa saprà riconoscerla, allora sì: potremo dire che è davvero cominciato qualcosa di nuovo.















PROPOSTA DI AZIONE DI RESISTENZA NONVIOLENTA





LA COMUNITA’ SI INCONTRA A MIANELLA
INCONTRI GENERALI 2024 – 2025








Ho conosciuto Nicola in alcune riunioni della nuova sinistra napoletana, presente, attivo e sempre molto analitico nei suoi interventi. L’ho conosciuto meglio quando si è avvicinato alla nostra Comunità seguendoci nelle discussioni e nelle iniziative, forse incuriosito anche da questa esperienza singolare di una spiritualità laica. Nicola è stato sicuramente un compagno di vasta cultura e,spesso, lo evidenziavano i suoi lunghissimi, chilometrici commenti sui social (con soventi nostre insofferenze) che spaziavano dalla politica all’arte, dalla storia allo sport, al costume, sempre con competenza e personale partecipazione. A me Nicola è sembrato spesso una persona di altri tempi, in senso positivo, rispetto al cinismo, disumanita’, carrierismo che caratterizza questo nostro tempo. Lui, invece, con la sua gentilezza, generosità, il lavoro di avvocatura al servizio degli ultimi, un aspetto quasi di innocenza fanciullesca. L’impegno per la causa del popolo sahavariano lo ha visto lavorare fino agli ultimi giorni di vita. Adesso, caro Nicola, continueremo ad ascoltarti, stavolta nell’essenza del silenzio, e forse apprezzerete di più la tua voglia di comunicare. Riposa in pace!











































































































































“Il Signore promette ristoro e liberazione a tutti gli oppressi del mondo, ma ha bisogno di noi per rendere efficace la sua promessa. Ha bisogno dei nostri occhi per vedere le necessità dei fratelli e delle sorelle – Ha bisogno delle nostre mani per soccorrere. Ha bisogno della nostra voce per denunciare le ingiustizie commesse nel silenzio, talvolta complice, di molti“.Andate a imparare che cosa vuol dire: ‘Misericordia io voglio e non sacrifici’ (9,13). È un’accusa diretta verso l’ipocrisia sterile di chi non vuole “sporcarsi le mani”, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano. Si tratta di una tentazione ben presente anche ai nostri giorni, che si traduce in una chiusura nei confronti di quanti hanno diritto, come noi, alla sicurezza e a una condizione di vita dignitosa, e che costruisce muri, reali o immaginari, invece di ponti”.
















SABATO 24 FEBBRAIO 2024







accogliere gli altri profughi che arrivano a noi scappando da altre guerre, fame e lager di tortura. Questa crisi sta mettendo in luce come questa Europa non è capace di progettare il suo ruolo geo-politico in un mondo dove tutti siamo sulla stessa barca.





di Domenico Pizzuti


“…E qui rinnovo il mio appello affinché «in considerazione delle circostanze […] si mettano in condizione tutti gli Stati, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri»[6]”.“…«Una nuova etica presuppone l’essere consapevoli della necessità che tutti s’impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, come anche per dire alle nazioni l’importanza di difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti»[9]. Questo è il tempo propizio per rinnovare l’architettura finanziaria internazionale[10].”
«che può essere l’occasione per una transizione positiva, ma che richiede grandi cambiamenti: nel mondo del lavoro, nell’economia, nella nostra stessa organizzazione sociale, nel nostro equilibrio con la natura. Il Papa ha chiesto a noi economisti delle proposte concrete per affrontare queste sfide, che abbiano basi solide ma anche la creatività del Vangelo». La direzione verso cui la commissione post Covid-19 del Vaticano sta lavorando è quella di un modello economico più sostenibile e dell’ecologia integrale, per questo suor Alessandra è coinvolta anche nell’anno di celebrazioni della Laudato si’, l’enciclica sulla custodia del creato di papa Francesco, a cinque anni dalla pubblicazione il 24 maggio 2015. «Questi cinque anni sono stati il periodo della ruminatio», afferma suor Smerilli. «La Laudato si’ è stata accolta subito con entusiasmo, anche in ambienti non cattolici. Sono partite iniziative in tutto il mondo: penso alle famiglie che si sono unite per ridurre i consumi, alle nuove “comunità Laudato si’”, alle università e alle parrocchie che stanno attuando la conversione ecologica e danno spazio a una spiritualità del creato, all’interessante fenomeno dei monasteri a impatto zero, a tante persone non credenti che si sono mosse ispirate dall’enciclica. All’inizio si è trattato di iniziative sporadiche, che poi però sono state messe a sistema da chi, profondamente convinto, si è fatto promotore del cambiamento. L’anno di celebrazione sarà un altro inizio, cui seguiranno sette anni – un numero biblico, non a caso, per far crescere queste pratiche di transizione ecologica e replicarle, fare massa critica e aumentare l’impatto sulla politica e su chi deve prendere decisioni».





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