
NON CI LASCIA UN’EREDITÀ MA UNA DONAZIONE
Ci ha restituito il Dio della misericordia, la speranza di un inferno vuoto“L’Unità” di ieri, 23/4/2025, ha pubblicato questa intervista di Umberto De Giovannangeli a Raniero La Valle
1) C’è qualche ricordo personale che le è tornato alla mente pensando a Francesco? – C’è un ricordo che è legato a una cosa che mi è successa una sola volta nella vita: una Messa interrotta a metà, come se fosse successo qualcosa di più importante di quella. Eravamo nella chiesa di san Gregorio al Celio insieme ad altre persone care per una Messa nel trigesimo della morte di mia sorella Fausta. E a un certo punto irruppe un monaco camaldolese dicendo: “Hanno eletto il Papa! Hanno eletto il Papa!”, ma ancora non se ne sapeva il nome. Allora lasciammo tutti l’altare e ci precipitammo alla Televisione per sapere chi fosse. Ed era Bergoglio. E la cosa che mi colpì non fu il “Buonasera!”, ma il fatto che non avesse la mozzetta rossa, la mantellina purpurea che i Papi portavano dopo l’elezione e nelle occasioni più solenni. La mozzetta rossa era il manto regale che gli Imperatori indossavano e che da Costantino era arrivata fino all’ultimo papa. Poi ho saputo (ma non ho potuto averne conferma) che quando Bergoglio dalla cappella Sistina era andato alla Loggia delle Benedizioni che si affaccia su piazza san Pietro, e un prelato gli aveva presentato insieme all’abito bianco sulla sua misura la mozzetta imperiale, egli l’aveva respinta dicendo. “Il carnevale è finito”. E invece di salire idealmente sul trono, aveva chinato il capo davanti alla folla improvvisamente in silenzio, quasi a farsi dare l’investitura non più dai cardinali ma dal popolo di Dio. Il carnevale era già finito, quanto alla sedia gestatoria, fin da papa Giovanni XXIII, che l’aveva demitizzata dicendo che gli ricordava quando da bambino era portato sulle spalle dello zio a Sotto il Monte; e quanto al Triregno (una corona, tre Regni!) esso era stato abbandonato da Paolo VI che, ricevutolo in dono dalla sua diocesi di Milano, lo regalò (o lo vendette) alla Chiesa americana perché ne distribuisse il ricavato ai poveri o per le missioni. Ma queste rinunzie dovevano raccontare una storia ben più importante che papa Francesco ha poi rivelato solennemente alla Curia, alla Chiesa e al mondo: “Non siamo più nel regime di cristianità, non più!”. La cristianità è “quel processo avviato con Costantino in cui – per dirla con la Civiltà cattolica – si attua un legame organico tra cultura, politica, istituzioni e Chiesa”; un processo che supponeva la Chiesa come la realizzazione stessa del Regno di Dio sulla terra, e quindi faceva della Chiesa la vera sovrana terrena. E si può dire, con padre Antonio Spadaro, che “la missione di Carlo Magno è finita”, e che la proclamazione finale di questa uscita dal regime costantiniano c’è stata nel maggio 2016 quando papa Francesco, ricevendo a Roma il Premio Carlo Magno, che di quel sacro romano impero aveva ricevuto la corona in san Pietro dal Papa, con i leaders europei che ne celebravano il vanto l’ha rimandata al mittente per restituirla all’Europa, cioè ai popoli che ne sono gli unici titolari.2) Cosa ha differenziato Francesco dai suoi predecessori più immediati?- Naturalmente, all’ingrosso, si può dire “nulla”. Perché lo stesso è, per tutti i papi, il Vangelo del mistero cristiano. Però, nel suo annuncio, si può dire “tutto”: già papa Giovanni, prima di morire aveva consacrato il cambiamento, dicendo che “non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio”. Rispetto ai suoi ultimi predecessori si può dire che essi sono stati come una parentesi tra Giovanni XXIII e lui, tra la conclusione del Concilio vaticano II e la sua effettiva ripresa cinquant’anni dopo col Giubileo della misericordia indetto da papa Francesco e cominciato nella data simbolica dell’8 dicembre 2015, corrispondente a quella della chiusura del Concilio. Si può dire infatti che il rinnovamento radicale, non solo della Chiesa ma della sua teologia, inaugurato dal Concilio Vaticano II sia stato ripreso col suo pontificato. Lo stesso Paolo VI che lo aveva riconvocato dopo la morte di papa Giovanni, ne fu poi spaventato, fino a dire che dopo il Concilio fosse “da qualche fessura entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio». Anche papa Ratzinger ci tenne a dire che il Vaticano II doveva essere interpretato secondo “l’ermeneutica della continuità”, contro quella della “discontinuità e della rottura”; due ermeneutiche contrarie che “si erano trovate a confronto e che avevano litigato tra loro”, quest’ultima portando confusione nei mass media e anche in una parte della stessa teologia. Quanto a papa Wojtyla, aveva cercato di riciclare il carisma del Concilio nella spettacolarità del suo pontificato.3) Quali sono stati i tratti più significativi del pontificato di Jorge Bergoglio e cosa lascia a chi è credente e anche ai tantissimi non credenti che hanno visto in lui un punto di riferimento ideale come pochi altri al mondo?- A questo punto si può rispondere sull’eredità che ci ha lasciato. Non è un’eredità, pur molto celebrata, è una donazione, rimasta nascosta o fraintesa per duemila anni e ora consegnata alle nuove generazioni per sempre: la Chiesa è di tutti e per tutti, “para todos, todos !” ha ripetuto con tutta la sua voce e tutta la sua fede alle folle non abituate a crederlo. E “Todos” vuol dire non solo gli ultimi, i poveri, gli scartati, i migranti, i malati, gli anziani, i nonni, le donne e i bambini (soprattutto quelli che hanno perso il sorriso). Non solo i comprati e venduti, ossia gli alienati sul mercato del capitalismo selvaggio, e gli spogliati, gli omosessuali, i divorziati risposati. “Todos” vuol dire quelli che finora non erano ritenuti appartenenti al popolo di Dio, perché non entrati nella Chiesa attraverso la porta del battesimo, anche se “uomini di buona volontà” che, parola di sant’Agostino, si perdono perché “extra Ecclesiam nulla salus”, fuori della Chiesa non c’è salvezza. “Todos” vuol dire non solo le donne cattoliche finalmente ammesse dalla Congregazione del Culto Divino a farsi lavare i piedi nei riti del giovedì santo non meno degli uomini cattolici; nel 2013, da poco eletto, nel carcere minorile di Casal del Marmo papa Francesco lavò i piedi a 12 giovani detenuti anche musulmani o non credenti, e alla laica operatrice umanitaria: tutti membri del popolo di Dio. “Fratres omnes”. E ad Abu Dhabi, insieme al grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb firmò Il documento che qualifica non come errori, ma come “una sapiente volontà divina”, con la quale Dio ha creato gli esseri umani, “il pluralismo e le diversità di religione” insieme a quelle “di colore, di sesso, di razza e di lingua”. Tutti, dunque: ma per quale salvezza? Solo per la vita presente, non oltre? Qui c’è una risposta di Francesco non suffragata dal dogma, ma “una cosa mia personale: io amo pensare che l’inferno sia vuoto, spero sia realtà”. Vuoto? E allora dov’è la retribuzione? Dov’è il Dies Irae? Dov’è la Cappella Sistina? La verità che sta sopra a tutte è che Dio è solo misericordia, un Dio che non fosse misericordioso non sarebbe neanche un Dio, ama tutti, “arriva prima”, “primerea”, come dice l’argentino con un neologismo spagnolo, prima ancora del nostro peccato, prima ancora che noi lo invochiamo. Questo è il regalo. Allora forse sì, nell’Inferno c’erano i Conti Ugolino, e i Papi, e gli amanti, come canta Dante, ma ecco che ora c’è un Papa sceso dalla cattedra, un successore di Pietro a cui secondo il Vangelo Gesù aveva detto che quello che avrebbe sciolto sulla terra sarebbe stato sciolto anche in cielo, il quale pensa che l’inferno sia vuoto; e se il Figlio di Dio mantiene le sue promesse, forse lo è ora davvero perché così l’ha pensato il discepolo che ha molto amato “todos”, come lui. 4) Per le sue prese di posizione contro il riarmo, le guerre, in ultimo a denuncia della disperata tragedia di Gaza e del popolo palestinese, Francesco è stato accusato delle peggior cose: amico di Putin, veteropacifista, terzomondista, addirittura antisemita… – Non è stato un Papa neutrale. Paolo Vi pensava che la Chiesa dovesse essere neutrale tra gli Stati Uniti e i Vietcong, e per questo si rifiutò di condannare i bombardamenti americani sul Vietnam del Nord, come molta Chiesa, e anche l’arcivescovo Lercaro e l’ “Avvenire d’Italia”, gli chiedevano di fare. Quando tanti anni dopo papa Francesco è andato in visita a Bologna, ha citato ciò che allora aveva sostenuto quella Chiesa, e ha ripetuto, con essa, che “la via della Chiesa non è la neutralità, ma la profezia”. Guerra e pace, diritto e fame, Ucraina e Gaza, Sudan e Myanmar, economia ed ecologia, guerra mondiale a pezzi e sua trasformazione ormai in un “vero e proprio conflitto globale”: su questo è stato detto molto, in questi giorni, Maurizio Acerbo ha scritto che “sopra ogni cosa sarà ricordato come il papa pacifista che non ha avuto paura di usare la parola genocidio su Gaza”; non si tratta perciò di riprendere l’analisi qua. Si può forse dire tutto in una sola riga, la parola detta alla fine della sua vita, dal Policlinico Gemelli: “Da qui la guerra appare ancora più assurda”. 5) Sul piano strettamente ecclesiale, quanto Bergoglio è riuscito realmente a riformare la Chiesa?- E se questa non è una riforma della Chiesa, che cos’è? Non un’eredità, un dono.















PROPOSTA DI AZIONE DI RESISTENZA NONVIOLENTA





LA COMUNITA’ SI INCONTRA A MIANELLA
INCONTRI GENERALI 2024 – 2025








Ho conosciuto Nicola in alcune riunioni della nuova sinistra napoletana, presente, attivo e sempre molto analitico nei suoi interventi. L’ho conosciuto meglio quando si è avvicinato alla nostra Comunità seguendoci nelle discussioni e nelle iniziative, forse incuriosito anche da questa esperienza singolare di una spiritualità laica. Nicola è stato sicuramente un compagno di vasta cultura e,spesso, lo evidenziavano i suoi lunghissimi, chilometrici commenti sui social (con soventi nostre insofferenze) che spaziavano dalla politica all’arte, dalla storia allo sport, al costume, sempre con competenza e personale partecipazione. A me Nicola è sembrato spesso una persona di altri tempi, in senso positivo, rispetto al cinismo, disumanita’, carrierismo che caratterizza questo nostro tempo. Lui, invece, con la sua gentilezza, generosità, il lavoro di avvocatura al servizio degli ultimi, un aspetto quasi di innocenza fanciullesca. L’impegno per la causa del popolo sahavariano lo ha visto lavorare fino agli ultimi giorni di vita. Adesso, caro Nicola, continueremo ad ascoltarti, stavolta nell’essenza del silenzio, e forse apprezzerete di più la tua voglia di comunicare. Riposa in pace!











































































































































“Il Signore promette ristoro e liberazione a tutti gli oppressi del mondo, ma ha bisogno di noi per rendere efficace la sua promessa. Ha bisogno dei nostri occhi per vedere le necessità dei fratelli e delle sorelle – Ha bisogno delle nostre mani per soccorrere. Ha bisogno della nostra voce per denunciare le ingiustizie commesse nel silenzio, talvolta complice, di molti“.Andate a imparare che cosa vuol dire: ‘Misericordia io voglio e non sacrifici’ (9,13). È un’accusa diretta verso l’ipocrisia sterile di chi non vuole “sporcarsi le mani”, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano. Si tratta di una tentazione ben presente anche ai nostri giorni, che si traduce in una chiusura nei confronti di quanti hanno diritto, come noi, alla sicurezza e a una condizione di vita dignitosa, e che costruisce muri, reali o immaginari, invece di ponti”.
















SABATO 24 FEBBRAIO 2024







accogliere gli altri profughi che arrivano a noi scappando da altre guerre, fame e lager di tortura. Questa crisi sta mettendo in luce come questa Europa non è capace di progettare il suo ruolo geo-politico in un mondo dove tutti siamo sulla stessa barca.





di Domenico Pizzuti


“…E qui rinnovo il mio appello affinché «in considerazione delle circostanze […] si mettano in condizione tutti gli Stati, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri»[6]”.“…«Una nuova etica presuppone l’essere consapevoli della necessità che tutti s’impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, come anche per dire alle nazioni l’importanza di difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti»[9]. Questo è il tempo propizio per rinnovare l’architettura finanziaria internazionale[10].”
«che può essere l’occasione per una transizione positiva, ma che richiede grandi cambiamenti: nel mondo del lavoro, nell’economia, nella nostra stessa organizzazione sociale, nel nostro equilibrio con la natura. Il Papa ha chiesto a noi economisti delle proposte concrete per affrontare queste sfide, che abbiano basi solide ma anche la creatività del Vangelo». La direzione verso cui la commissione post Covid-19 del Vaticano sta lavorando è quella di un modello economico più sostenibile e dell’ecologia integrale, per questo suor Alessandra è coinvolta anche nell’anno di celebrazioni della Laudato si’, l’enciclica sulla custodia del creato di papa Francesco, a cinque anni dalla pubblicazione il 24 maggio 2015. «Questi cinque anni sono stati il periodo della ruminatio», afferma suor Smerilli. «La Laudato si’ è stata accolta subito con entusiasmo, anche in ambienti non cattolici. Sono partite iniziative in tutto il mondo: penso alle famiglie che si sono unite per ridurre i consumi, alle nuove “comunità Laudato si’”, alle università e alle parrocchie che stanno attuando la conversione ecologica e danno spazio a una spiritualità del creato, all’interessante fenomeno dei monasteri a impatto zero, a tante persone non credenti che si sono mosse ispirate dall’enciclica. All’inizio si è trattato di iniziative sporadiche, che poi però sono state messe a sistema da chi, profondamente convinto, si è fatto promotore del cambiamento. L’anno di celebrazione sarà un altro inizio, cui seguiranno sette anni – un numero biblico, non a caso, per far crescere queste pratiche di transizione ecologica e replicarle, fare massa critica e aumentare l’impatto sulla politica e su chi deve prendere decisioni».





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