
Giubileo un corno
“Fintanto che il Giubileo si risolve con una pratica religiosa è bene accolto da tutti, ma quando esige un cambiamento di vita”. Su ilLibraio.it la riflessione del biblista Alberto Maggi
Se quando ci chiedono cos’è il Giubileo rispondiamo che è un corno, abbiamo risposto giusto. Infatti, “giubileo”, deriva da un termine ebraico (Yobel)che indica il corno (di montone) al suono del quale s’inaugurava un tempo particolarmente santo (Lv 25,9). La motivazione che sta alla base del Giubileo è la volontà del Signore che in mezzo al suo popolo “non vi sia alcun bisognoso” (Dt 15,4).
Per impedire che qualcuno finisse definitivamente in situazioni di povertà, si stabilì che ogni sette anni tutti i debiti fossero cancellati (Dt 15,1-11). Inoltre, ogni quarantanove anni, fu stabilito un cinquantesimo anno in cui non si sarebbe né seminato né raccolto, e ogni proprietà doveva ritornare al suo proprietario originario (Lv 25,8-17). Entrambe le leggi, del settimo e del cinquantesimo anno, si rivelarono subito inefficaci e inapplicabili. Infatti, la legge del condono dei debiti, da provvedimento a favore dei poveri, si era ritorta contro le categorie più disagiate, poiché nessuno prestava denaro se non aveva la certezza che gli sarebbe stato restituito entro il settimo anno. E la legge del Giubileo ogni cinquanta anni, era talmente utopica che rimase una pia intenzione e non fu mai realizzata. Ideato per evitare che nel popolo ci fossero bisognosi, l’applicazione del Giubileo avrebbe ridotto alla povertà l’intero popolo. Infatti, se ogni 49° e 50° anno non si poteva né seminare né raccogliere, la carestia era garantita, e bisognoso sarebbe diventato tutto Israele.

Nonostante questo, l’ideale del Giubileo, come anno in cui il Signore avrebbe ristabilito la giustizia, rimase vivo nel popolo, e venne proclamato da Gesù nella sinagoga di Nazaret. Qui Gesù annunciò “l’anno di grazia del Signore”, e affermò che il tempo nel quale ognuno avrebbe sperimentato l’amore di Dio non sarebbe stato ogni cinquanta anni, ma che ogni giorno sarebbe stato tempo di liberazione: “Oggi questa Scrittura si è compiuta in voi che ascoltate” (Lc 4,21). I presenti nella sinagoga però non gradirono l’annuncio dell’attuazione di questo anno giubilare. Fintanto che il Giubileo restava una legge utopica andava bene a tutti, ma quando Gesù ne annunciò la sua immediata realizzazione, tutti gli si rivoltarono contro: “All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio” (Lc 4,29). Gesù, venuto a realizzare la volontà del Padre suo, non viene meno al suo proposito, e continua a proporre la realtà del Giubileo rendendolo caratteristica visibile della comunità del regno di Dio.
Per questo, nel Padre nostro, formula con la quale la comunità si impegna ad accettare le Beatitudini, Gesù rende quotidiano il Giubileo con la richiesta: “Condona i nostri debiti come noi li abbiamo cancellati ai nostri debitori” (Mt 6,12). Gesù non parla di peccati, ma ha scelto il termine debiti, che va al di là della trasgressione di precetti o comandamenti. Mentre è possibile perdonare le colpe e restare in possesso dei propri averi, il condono dei debiti esige la rinuncia a questi. Mentre “peccato” è un vocabolo appartenente alla sfera religiosa e si richiama a una norma trasgredita, “debito” è un termine riguardante concretamente il campo economico e figuratamente le relazioni interpersonali (essere in debito di qualcosa). Il debito nei confronti di Dio si deve al fatto che l’uomo veniva considerato debitore verso il Signore per i beni della creazione. Dio non pretendeva l’impossibile pagamento di questo debito, ma chiedeva che gli uomini si rendessero conto di essergli debitori per avere o stesso comportamento umano e solidale verso i loro debitori. Il condono di questo debito infatti viene dal Padre concesso unicamente in base alla sua misericordia, e non è condizionato da alcun tipo di prestazione umana. Il condono agli altri deve essere una conseguenza del condono del Padre.
Gesù, pertanto, scegliendo il termine “debiti” intende richiamarsi a quanto prescritto nel Libro del Deuteronomio, dove appare il verbo “essere debitore” in riferimento alla “legge del settimo anno”: “Alla fine di ogni sette anni celebrerete la remissione. Ecco la norma di questa remissione: ogni creditore che detenga un pegno per un prestito fatto al suo prossimo, lascerà cadere il suo diritto: non lo esigerà dal suo prossimo, dal suo fratello, poiché è stata proclamata la remissione per il Signore” (Dt 151-2 LXX). Questa legislazione era stata aggirata al tempo di Gesù attraverso la pratica del Prosbul, un certificato contenente una dichiarazione, fatta di fronte al tribunale, in virtù della quale il debitore autorizzava il creditore a riscuotere il suo credito in qualunque tempo, anche dopo i sette anni, prescindendo dalla legge del condono.
Gesù ha preso le distanze e rifiutato l’istituzione del Prosbul per riportarsi così alla purezza del disegno primitivo di Dio, in aperta opposizione alla “tradizione degli antichi” (Mt 15,9) che pretendeva di spacciare per insegnamenti divini quelli che erano soltanto “precetti di uomini” (Mt 15,9; Is 29,13), soppiantando l’originaria parola di Dio. Pertanto il condono del debito e con esso la concessione del perdono, devono essere immediati. Ogni ritardo nella manifestazione di un amore capace di tradursi in generosa condivisione, non fa che aumentare il debito verso il Padre originato dall’assenza dell’amore e impoverire tutta la comunità: “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole” (Rm 13,8). Ma l’annuncio di questo Giubileo, vera “buona notizia” per quanti sono poveri, si trasforma in una sciagura per i ricchi, che credono di possedere il denaro mentre in realtà ne sono posseduti. E il furore col quale i fedeli della sinagoga di Nazaret hanno cacciato Gesù, è lo stesso che coglie quanti capiscono che la vera porta santa da varcare per il Giubileo, è quella della banca, per alleggerire il proprio conto, e condividere il tanto che hanno con chi non ha niente. Fintanto che il Giubileo si risolve con una pratica religiosa è bene accolto da tutti, ma quando esige un cambiamento di vita…
















PROPOSTA DI AZIONE DI RESISTENZA NONVIOLENTA





LA COMUNITA’ SI INCONTRA A MIANELLA
INCONTRI GENERALI 2024 – 2025








Ho conosciuto Nicola in alcune riunioni della nuova sinistra napoletana, presente, attivo e sempre molto analitico nei suoi interventi. L’ho conosciuto meglio quando si è avvicinato alla nostra Comunità seguendoci nelle discussioni e nelle iniziative, forse incuriosito anche da questa esperienza singolare di una spiritualità laica. Nicola è stato sicuramente un compagno di vasta cultura e,spesso, lo evidenziavano i suoi lunghissimi, chilometrici commenti sui social (con soventi nostre insofferenze) che spaziavano dalla politica all’arte, dalla storia allo sport, al costume, sempre con competenza e personale partecipazione. A me Nicola è sembrato spesso una persona di altri tempi, in senso positivo, rispetto al cinismo, disumanita’, carrierismo che caratterizza questo nostro tempo. Lui, invece, con la sua gentilezza, generosità, il lavoro di avvocatura al servizio degli ultimi, un aspetto quasi di innocenza fanciullesca. L’impegno per la causa del popolo sahavariano lo ha visto lavorare fino agli ultimi giorni di vita. Adesso, caro Nicola, continueremo ad ascoltarti, stavolta nell’essenza del silenzio, e forse apprezzerete di più la tua voglia di comunicare. Riposa in pace!











































































































































“Il Signore promette ristoro e liberazione a tutti gli oppressi del mondo, ma ha bisogno di noi per rendere efficace la sua promessa. Ha bisogno dei nostri occhi per vedere le necessità dei fratelli e delle sorelle – Ha bisogno delle nostre mani per soccorrere. Ha bisogno della nostra voce per denunciare le ingiustizie commesse nel silenzio, talvolta complice, di molti“.Andate a imparare che cosa vuol dire: ‘Misericordia io voglio e non sacrifici’ (9,13). È un’accusa diretta verso l’ipocrisia sterile di chi non vuole “sporcarsi le mani”, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano. Si tratta di una tentazione ben presente anche ai nostri giorni, che si traduce in una chiusura nei confronti di quanti hanno diritto, come noi, alla sicurezza e a una condizione di vita dignitosa, e che costruisce muri, reali o immaginari, invece di ponti”.
















SABATO 24 FEBBRAIO 2024







accogliere gli altri profughi che arrivano a noi scappando da altre guerre, fame e lager di tortura. Questa crisi sta mettendo in luce come questa Europa non è capace di progettare il suo ruolo geo-politico in un mondo dove tutti siamo sulla stessa barca.





di Domenico Pizzuti


“…E qui rinnovo il mio appello affinché «in considerazione delle circostanze […] si mettano in condizione tutti gli Stati, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri»[6]”.“…«Una nuova etica presuppone l’essere consapevoli della necessità che tutti s’impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, come anche per dire alle nazioni l’importanza di difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti»[9]. Questo è il tempo propizio per rinnovare l’architettura finanziaria internazionale[10].”
«che può essere l’occasione per una transizione positiva, ma che richiede grandi cambiamenti: nel mondo del lavoro, nell’economia, nella nostra stessa organizzazione sociale, nel nostro equilibrio con la natura. Il Papa ha chiesto a noi economisti delle proposte concrete per affrontare queste sfide, che abbiano basi solide ma anche la creatività del Vangelo». La direzione verso cui la commissione post Covid-19 del Vaticano sta lavorando è quella di un modello economico più sostenibile e dell’ecologia integrale, per questo suor Alessandra è coinvolta anche nell’anno di celebrazioni della Laudato si’, l’enciclica sulla custodia del creato di papa Francesco, a cinque anni dalla pubblicazione il 24 maggio 2015. «Questi cinque anni sono stati il periodo della ruminatio», afferma suor Smerilli. «La Laudato si’ è stata accolta subito con entusiasmo, anche in ambienti non cattolici. Sono partite iniziative in tutto il mondo: penso alle famiglie che si sono unite per ridurre i consumi, alle nuove “comunità Laudato si’”, alle università e alle parrocchie che stanno attuando la conversione ecologica e danno spazio a una spiritualità del creato, all’interessante fenomeno dei monasteri a impatto zero, a tante persone non credenti che si sono mosse ispirate dall’enciclica. All’inizio si è trattato di iniziative sporadiche, che poi però sono state messe a sistema da chi, profondamente convinto, si è fatto promotore del cambiamento. L’anno di celebrazione sarà un altro inizio, cui seguiranno sette anni – un numero biblico, non a caso, per far crescere queste pratiche di transizione ecologica e replicarle, fare massa critica e aumentare l’impatto sulla politica e su chi deve prendere decisioni».





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